dove l’occhio non si sofferma calmo e riposato in un unico punto ma ne unisce mille insieme fino a costruirne un’impressione unica.
In quel luogo, ogni giorno tutto cambia, ogni singolo elemento che compone quel caos, si muove: libri, pennelli, carboncini, matite, colori, tele, carta e idee, anche gli stessi dipinti non hanno spesso uno stesso spazio; è un fatto curioso a pensarci ma tutto è in continuo movimento per poter poi generare un’opera… immobile.
Ed è proprio tale immobilità a suscitare nell’osservatore quell’emozione in grado di produrre nuovo movimento, parte viva di un moto perpetuo.
Lo spettatore ha bisogno di guardare, spostare, cercare, concentrarsi, arrendersi e liberarsi per poi andar via, forse frastornato, ma con una nuova, insolita, sensazione indosso.
Lo studio di un artista è caos, ma proprio il caos, è l’essenza dell’operato di un artista.
E’ un monologo sagace, di una profondità allegorica tanto densa quanto agile nella satira, da poter costituire un singolare esempio del saggio su “La Leggerezza” di Calvino.
Le parole incuriosiscono lo spettatore sospingendolo ad ascoltare… ascoltare… e capire ancora e a trangugiare tanto senso nel discorso innocente e manifesto di una semplice e improbabile donna, “forse” innamorata dell’idea di amore ma imprescindibilmente dell’Arte.
Il testo acuto e la sua interpretazione palpabile, appaiono tutt’uno nella vita artistica dei loro autori.
Marga Esposito