Ci siamo: un altro 25 novembre arriva per ricordarci della giornata internazionale contro la violenza sulle donne. Istintivamente sono andata a rileggere la storia delle sorelle Mirabal perché la storia di chi oggi mi ha reso una donna più libera non va mai dimenticata. Grazie a loro, alle loro idee, al loro coraggio, prima nel 1981 a Bogotà durante l’Incontro Femminista Latinoamericano e dei Caraibi, e poi dall’ONU nel 1999 questa data viene riconosciuta come una giornata di “risveglio”, di ricordo, di contrasto alla violenza sulle donne.
Anche io come molti in questa giornata ho manifestato il mio sdegno più profondo verso la violenza perché un coro può essere più forte e arrivare più lontano se ci sono altre voci che si uniscono. Ma dentro di me vivono tante persone come penso in ognuno (almeno spero), e una di queste razionalmente non crede per nulla che un’opera, una manifestazione, una conferenza possa far cambiare chi la violenza la “esegue”, crede che tutto sia un grande urlo muto unito a tante altre urla mute, come in quei sogni in cui si tenta di gridare ma la voce non esce. Ma poi ci sono le altre dentro me che hanno davvero voglia di essere partecipi, che hanno bisogno di dire, trasmettere, dare il proprio contributo a questo mondo perché c’è la piccolissima speranza, quella che davvero nel profondo non muore mai, che qualcuno possa cogliere il segno e “pensare”, e magari comprendere, e magari cambiare…
Quando si vuol dire qualcosa con tutte le forze ognuno lo fa nel modo che conosce, di cui è capace e quindi l’animo si muove per seguire l’urgenza: il mio modo è stato il manifesto “Basta” creato insieme con altro artista nel 2009, “il video “La piccola Sposa bianca” realizzato nel 2013 e “Complice della Materia: Monumento alla ferita del bianco” del 2015 visibile in questa copertina di Blogart, sono state opere create proprio per denunciare questo immenso dolore ed ingiustizia che sento fortemente, questo 25 novembre: giornata internazionale contro la violenza sulle donne.
Ma meno dichiaratamente e per tutti i giorni a venire, iniziai con la prima opera/disegno nel 1986 in cui durante il mio burrascoso viaggio di vita, iniziò anche il mio burrascoso viaggio nell’arte che silenziosamente tentava di contrastare quel mondo anoressico con la semplice proposta di una forma nuova di figura femminile, di donna, unica e singolare come poi siamo noi tutte. E questa ricerca ancora continua dopo questi anni perché sono cosciente che anche la società contemporanea sia perfettamente in grado di generare violenza, abusando di noi, probabilmente non facendoci uscire del sangue dalle ferite, ma creando persone anoressiche e bulimiche o psicologicamente fragili.
A tutti noi, donne e uomini piccoli o grandi che viviamo in una società anche molto perversa, vorrei tanto avere il dono di saper raccontare l’importanza della diversità e dell’unicità, vorrei poter saper far comprendere ciò che con fatica ho percepito nel tempo: la bellezza e la potenza dell’unicità, il patrimonio che portano le differenze, perché solo questa consapevolezza potrà liberaci da ogni moda, imposizione, violenza.
In fondo, la violenza dove nasce se non dalla paura del diverso?
Un libro che sto leggendo (molto lentamente perché non vorrei proprio finirlo), che indubbiamente spiegherà di gran lunga meglio di me cos’è davvero la bellezza dell’essere unici, si intitola “Cinque meditazioni sulla bellezza” di François Cheng, una piccola grande lettura: un modo come un altro per accogliere altre idee a riguardo e farsene una propria, nuova e ampia, magari una sesta meditazione a riguardo.
E fra scrittori, relatori, manifestanti ed espressioni del proprio credo, anche io mi impegnerò a partecipare sempre a questo cambiamento promuovendo, per come so fare, questa nostra unicità sperando di arrivare nell’animo di qualcuno, anche di uno solo, e contribuire a far comprendere che la diversità non è qualcosa di cui aver paura o da eliminare, ma da accogliere e proteggere come una vera ricchezza.
E confido nelle scuole, nei mille corsi che i bambini ora seguono, nelle famiglie, nelle palestre, in noi artisti, che si possa insegnare ai futuri uomini e donne che la diversità è unicità. Ricchezza allo stato puro e sì, anche normalità visto che siamo davvero tutti diversi.
Perché… se ci si pensa bene, se si continuasse a perseguire le donne, gli uomini, i bambini, il diverso per religione, etnia, pensiero… non basterà, e si proseguirà poi ad eliminare anche solo per colore di capelli, altezza, forma e probabilmente ne rimarrebbe solo uno, certamente molto soddisfatto questo è sicuro, ma solo.
E poi?
E poi morirà come tutti di vecchiaia o di qualche malattia, assieme a questo povero mondo che di violenza ne subisce a volontà.
Viola
(in copertina “Complice della Materia. Monumento alla ferita del bianco” – marmo, olio, legno, piombo, metallo, proiettili)