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Il testamento

testamento viola blogart

Questa parola “testamento” mette l’ansia, ma i sinonimi trovati non è che siano migliori.

Magari ripetere la parola più volte ne farà perdere il peso: testamento testamento testamento testamento testamento testamento testamento e così forse si alleggerirà, ma in realtà il significato è quello che conosciamo, nulla di più, e in questo articolo di blogArt ho deciso di fare testamento. E’ da quando avevo 16 anni che penso al mio testamento e la domanda è sempre stata: a chi lascerò le mie opere?

Che fine faranno?

Ogni volta il pensiero andava a persone a cui piaceva il mio operato, sconosciuti o poco conosciuti, mi facevo piano piano un elenco mentale fino ad addormentarmi come accade contando le pecore. Il lascito e l’elenco non sono mai riuscita a finirlo, in compenso ho dormito sempre meravigliosamente bene.

Ora però la faccenda è seria, mica per nulla, ma insomma l’età avanza e allora che fare?

Come fare anche e soprattutto, per non lasciare incombenze ad altri?

La mia piccola grande megalomania interiore nascosta in un angolo vorrebbe scritto sul citofono non più Studio d’arte Viola Di Massimo, ma Fondazione Viola, una fondazione in una mansarda di Roma nel Nuovo Salario dove con un biglietto di un euro si potranno vedere tutte le opere, con due e mezzo anche con l’audioguida (che dovrò fare prima della mia dipartita), se non farò in tempo sappiate che il sito sarà ancora gestito da non so chi ancora, ma sarà vivo e fruibile a chiunque per curiosità, letture e visita virtuale alle opere.

Le vendite saranno ancora possibili. Una parte del ricavato, oltre a sostenere le spese della fondazione e la percentuale al mercante -che ancora non ha un nome- andranno in beneficenza ad un’associazione… ancora da decidere ovviamente. Altre opere invece, quelle che sono attualmente collezione privata dell’autore, dovranno rimanere alla fondazione.

I pigmenti i pennelli e tutto ciò che riguarda il lavoro rimarrà nello studio perché anni fa quando vidi la residenza di Balthus, nel suo studio c’era un bel cavalletto, sullo sfondo una finestra, un tavolino con una spatola posata su un bellissimo pigmento blu oltremare e circa 10/20 piccoli scarafaggi defunti affogati da tempo nel pigmento e null’altro. Balthus così dava l’idea di essere davvero morto mentre gli artisti non lo sono mai, nessuno lo è. Per cui: che nella Fondazione Viola ci sia vita, sempre. Gli scarafaggi semmai vivi, e magari una spolverata una volta l’anno.

Ora parliamo di me: sottoterra sopra la terra per terra… un amico voleva per forza essere cromato e non cremato, non so che fine abbia fatto, se vivo oppure come voleva a far la statua da qualche parte, ma era giovane per cui lo immagino vivo e vegeto. Per me che sia una cremazione, (ma verificate che sia morta davvero perché da ragazzina ho letto troppi racconti di Edgard Alan Poe). Una parte di me vorrei che volasse via (possibilmente non nel traffico di Roma), ma in un luogo comodo da raggiungere, magari sotto un albero grande e saggio, nel vento, in collina, ma sparsa, deciderà il vento dove, certo… sarebbe bello anche nelle Marche, a Sorti di Pieve Torina nel mio labirinto-installazione “Ad ogni passo un Minotauro” come onore al viaggio, il mio, e di quelli che verranno dopo.

Un’altra parte di me, della mia cenere, è altrettanto importante perchè sarà la mia ultima performance, quindi, vorrei fosse macinata a dovere, con aggiunta di olio di lino e damar (o comunque ognuno avrà la propria ricetta), e far sì che io possa divenire un colore ad olio unico: color “Grigio di Viola”.

Sarebbe anche bello che un artista fatto di istinto passione e grande motivazione dipingesse qualcosa con me stessa, ma chissà… non ho ancora idea su chi potrebbe fare ciò. Un’altra parte di colore che rimanga in un tubetto con il nome del colore, data di nascita e dipartita, così da divenire un’opera d’arte: un colore che contiene una vita, la mia. Bene: direi che un’opera più concettuale di così… si muore!

Il amico artista mi ricorda che il colore Bruno di mummia veniva preparato proprio con le persone mummificate ma io preferirei, se possibile, essere prima incenerita, credo sarei anche molto più stabile come colore e non soggetta a cambiamenti o viraggi vari. Detto questo non avendo figli né mariti, so che se mi prenderà un colpo, oltre i miei genitori per fortuna ancora viventi, i mie fratelli non potranno decidere nulla riguardo la donazione degli organi secondo la legge odierna, per cui sappiate che, se dovete proprio prenderli, fate pure, ma non siate affamati o troppo frenetici, fate anche di tutto per farmi vivere (in modo autonomo), perché ho davvero molte, moltissime cose da fare ancora.

Detto ciò, che nessuno si angosci per questo articolo. La vita è fatta anche di morte per cui facciamo sì che in vita si possa fare tutto ciò che ci renderà belli, contenti, motivati e appagati e che probabilmente, non potremo fare dopo.

E magari proviamo pure a lasciare qualcosa di diverso, un’idea nuova, una piccola apertura, una possibilità diversa... qualcosa che faccia sì che non si sia vissuti proprio proprio così tanto perché ci è capitato.

Infine… lasciamo anche un testamento come atto di generosità e di riconoscenza per chi ci ha sopportato e supportato nella vita. E se non abbiamo nessuno? Potremmo far felice qualcuno che ci ha sorriso una volta per strada e che non conosciamo affatto.

In ogni caso tengo a dire che mi sento ancora abbastanza bene.

Viola